Licensing, Contraffazione e l’impatto degli influencer: intervista a Margherita Rampinini, PwC

In occasione dei Licensing Seminars dello scorso 22 novembre Margherita Rampinini, Senior Manager di PwC Forensic Services, ha illustrato il tema “Licensing, contraffazione e impatto degli influencer”.

Durante l’intervento sono stati esposti i dati della ricerca dell’OCSE sul fenomeno della contraffazione, dai quali si evidenzia che il commercio internazionale di prodotti contraffatti e della pirateria valgono circa 340 miliardi di Euro, pari al 2,5% degli scambi commerciali globali. Nella sola UE tali prodotti hanno rappresentato ben il 5% delle importazioni totali, per un valore di circa 85 miliardi di Euro. 

In questa occasione Licensing Italia ha rivolto a Margherita Rampinini qualche domanda di approfondimento.

L.I. Quali sono i beni più colpiti dal fenomeno della contraffazione e quali sono le conseguenze a livello economico?

M.R. I beni più colpiti dal fenomeno sono per lo più quelli di lusso, nonché prodotti più sensibili per i consumatori, quali ad esempio i farmaci, i giocattoli, gli alimenti, i cosmetici. La produzione su larga scala di prodotti “fake” di queste categorie produce gravi conseguenze sull’economia globale, riducendo notevolmente gli introiti da royalties per lo sfruttamento dei relativi marchi e brevetti.

L.I. Quali sono i Paesi più colpiti da questo fenomeno?

M.R. In base ai sequestri effettuati, il primo posto nella classifica dei Paesi i cui marchi sono oggetto di contraffazione è occupato dagli Stati Uniti con il 20% dei falsi confiscati, il secondo posto dall’Italia con il 14,6%. I prodotti “Made in Italy” contraffatti sono in particolare abbigliamento, calzature e articoli di pelletteria. Seguono la Francia (12,1%), la Svizzera (11,7%), il Giappone (8,2%) e la Germania (7,5%). A sorpresa, compare anche la Cina: l’1,3% dei sequestri riguarda il falso “Made in China”, come evidenzia anche la ricerca dell’OCSE.

L.I. Quali sono le modalità di distribuzione dei prodotti contraffatti?

M.R. I contraffattori ricorrono sempre più a piccole spedizioni tramite posta, sia come conseguenza dell’incremento del commercio elettronico sia quale espediente per ridurre il rischio e le conseguenze finanziarie di un’eventuale individuazione da parte delle autorità di controllo. Tra il 2011 e il 2013, il 62% della merce sequestrata è arrivata via posta, il 20% per via aerea, il 9% via mare e solo il 7% via camion.

L.I. Quali sono le ragioni di questo incremento costante?

M.R. L’evoluzione del fenomeno in questi anni è stata influenzata da un nuovo fattore, altrettanto dilagante e incontrollato. Seguire sui social i vari influencer e ambire allo stesso stile di vita, porta i giovani alla ricerca del successo e del lusso a tutti i costi. Diventa fondamentale condividere la propria vacanza su spiagge caraibiche ed indispensabile pubblicare “selfie” con occhiali e borse griffatissime. Una ricerca pubblicata da Indicam nel 2016 Conoscere i giovani: consumatori e influencer” mostra che dei 400 ragazzi interpellati 273 sono quelli che hanno risposto, dei quali il 28,6% dichiara apertamente di aver effettuato almeno un acquisto contraffatto in un negozio fisico e il 12,4% online. Interrogati sul possesso di un bene falso, tra quelli che rispondono alla domanda, un quarto dei ragazzi conferma di averne con sé almeno uno in quel momento. Dalla ricerca emerge che la principale motivazione che spinge all’acquisto di un prodotto contraffatto è la convenienza.

 L.I. Quali sono i danni derivanti dal fenomeno della contraffazione percepiti dai giovani e, di conseguenza, quali possono essere i deterrenti per il riacquisto?  

M.R. Dalla ricerca è emerso che i danni percepiti dai giovani sono principalmente i danni per la salute, la truffa, lo sfruttamento degli individui deboli, l’inquinamento, l’evasione. In realtà la contraffazione racchiude in sé tutti questi reati. Informati sui possibili danni provocati da prodotti contraffatti, i giovani che non ricomprerebbero quel tipo di prodotto sono pari al 97,4% nel caso di danni alla salute, al 91,6% nel caso di sfruttamento di minori e al’89,4% nel caso di inquinamento ambientale.

L.I. Quali sono quindi le strategie che si possono adottare per cercare di evitare quanto possibile il diffuso fenomeno della contraffazione?

M.R. L’azienda produttrice di beni deve necessariamente puntare sulla qualità dei suoi prodotti al fine di valorizzare il brand originale. Inoltre è utile attivare politiche e strategie di comunicazione con un duplice obiettivo: sensibilizzare il consumatore sui danni che derivano dall’acquisto di merce falsa e fidelizzare i clienti trasmettendo i valori del proprio brand e puntando a distinguersi anche attraverso mezzi differenti quali certificazioni, tracciabilità, sostenibilità, welfare.

Margherita Rampinini ha dichiarato: “Il fenomeno della contraffazione è in continua crescita e, sotto questo aspetto, il fenomeno degli influencer ha determinato un aumento dell’acquisto consapevole di beni contraffatti da parte dei giovani che ambiscono allo stesso stile di vita dei loro modelli”

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