Digital News Report – Focus Italia
Media Ricerche di Mercato
Il Reuters Institute dell’Università di Oxford è un’istituzione autorevole che si occupa di studio del giornalismo, e pubblica ogni anno un “Digital News Report” sulle tendenze dell’informazione digitale. In Italia siamo 60milioni con il 91% di penetrazione di Internet.
Il sistema mediatico italiano è in continuo cambiamento. Storicamente caratterizzato da un settore televisivo dominante, da una stampa più debole ma influente e da una trasformazione digitale più lenta che altrove, oggi il panorama dei media vede la televisione perdere il suo primato, grandi editori che vendono la carta stampata tradizionale e mezzi nati nel digitale che mettono seriamente in discussione gli attori consolidati.
La televisione italiana rimane molto popolare, ma il suo ruolo come fonte primaria di notizie è in costante diminuzione, con un calo dall’85% nel 2017 al 65% nel 2024, come mostra l’indagine. L’età conta, dato che solo il 50% degli intervistati più giovani (18-24 anni) utilizza la TV per leggere le notizie settimanali. Il mercato mantiene un livello di concentrazione significativo, con le tre principali emittenti – il PSB RAI e gli operatori commerciali Sky e Mediaset – che rappresentano circa i tre quarti dei ricavi totali del settore televisivo.
La pubblicità online ha sostituito la leadership della TV negli ultimi anni e nel 2022 ha rappresentato oltre la metà (58%) dei ricavi pubblicitari complessivi, con la televisione e la stampa che rappresentano rispettivamente il 29% e il 5%. Tuttavia, la crescita della pubblicità online non sta fornendo un’ancora di salvezza al settore dell’informazione in difficoltà. Gli editori generano solo una piccola parte (15%) dei ricavi pubblicitari digitali, con piattaforme online come Alphabet/Google e Meta/Facebook che fanno la parte del leone (85%).
La crisi strutturale del settore dei giornali si accelera, soprattutto a causa del consistente calo delle copie vendute (-37% dal 2019 al 2023) e della crescente preferenza degli inserzionisti per altre piattaforme mediali. La maggior parte dei giornali ha risposto implementando soluzioni di paywall, mentre alcuni organi nativi digitali come Il Post, Open e Linkiesta hanno recentemente introdotto modelli di abbonamento. Tuttavia, il sondaggio mostra un cambiamento minimo o nullo nella percentuale di chi paga per le notizie online ogni settimana – solo il 10%. Sebbene le repliche digitali dei giornali stampati siano una priorità da parte degli editori perché hanno un prezzo più alto rispetto all’accesso alle notizie tramite siti Web e app, rappresentano ancora una piccola percentuale delle vendite totali.
L’impatto della rivoluzione digitale è evidente anche dai cambiamenti nella portata online dei brand giornalistici. Fino al 2016-2017, gli operatori storici – sia emittenti che giornali – hanno ampiamente dominato il mercato italiano delle notizie online. Tuttavia, negli ultimi anni nuovi marchi hanno iniziato a sfidare attori più affermati, con Fanpage (un punto vendita nato digitale con una forte presenza sui social media) che è tornato nel 2024 alla posizione, raggiunta per la prima volta nel 2022, di essere il marchio online leader per portata. Il Post è un altro esempio di player nativo digitale che sfida le posizioni dei giornali più consolidati.
Il mercato dei giornali è meno concentrato rispetto al settore televisivo. GEDI e Cairo/RCS, i due principali gruppi editoriali, rappresentano insieme il 38% del totale delle copie vendute nel 2023, mentre gli altri editori contribuiscono ciascuno con meno del 10%. Grandi cambiamenti si sono verificati all’interno del gruppo GEDI dopo la sua acquisizione nel 2020 da parte della famiglia Agnelli-Elkann, il maggiore azionista del conglomerato automobilistico Stellantis. In seguito all’acquisizione, GEDI vendette il suo magazine di punta L’Espresso e la maggior parte dei numerosi giornali locali per cui il gruppo era noto. Recentemente, i giornalisti hanno scioperato per protestare contro la proposta di vendita dei pochi punti vendita locali rimasti. I giornalisti de La Repubblica hanno anche criticato il gruppo per aver ammorbidito la tradizionale posizione di centrosinistra del giornale, una nuova strategia editoriale che, secondo loro, aliena il suo pubblico tradizionale senza attrarre nuovi lettori. La recente acquisizione da parte di GEDI di società di marketing focalizzate sugli influencer (Stardust) e servizi online testimoniano un cambiamento nelle priorità del gruppo.
Anche tra i giornali di centrodestra si registrano acquisizioni. Antonio Angelucci, deputato di destra, uomo d’affari con interessi nella sanità privata e proprietario dei giornali conservatori Libero e Il Tempo, ha recentemente acquistato il quotidiano Il Giornale dalla famiglia Berlusconi ed è in trattative per l’acquisizione di AGI, la seconda agenzia di stampa in Italia, precedentemente di proprietà del conglomerato energetico Eni. Anche la possibile acquisizione dell’AGI ha suscitato preoccupazioni e portato a scioperi tra i giornalisti dell’AGI.
Anche la chiusura delle edicole testimonia la gravità della crisi dell’industria dell’informazione italiana. In quattro anni in tutto il Paese sono scomparse quasi 2.700 edicole.
COMMENTO DE IL POST
Tra i dati del “Digital News Report”, sono particolarmente attuali quelli relativi all’inclinazione delle persone a pagare per abbonamenti alle edizioni digitali dei giornali. Interessanti in generale, e anche per quel che dicono delle singole venti nazioni evidenziate. In Italia c’è una delle quote più basse di persone che hanno pagato per le news online nell’ultimo anno, il 10%. Ma il rapporto si è concentrato anche sul valore reale di questi abbonamenti, da che in molti casi si tratta di abbonamenti a prezzi assai ridotti o gratuiti: e quindi sulla disponibilità delle persone “a pagare”, che non è la stessa cosa della disponibilità delle persone ad abbonarsi. In Italia il 35% degli abbonati non paga il prezzo intero di un abbonamento così come è pubblicizzato, ma una quota ridotta, che in media è di 8 euro al mese (per capirsi: nel caso del Post questa quota è praticamente il 100%, senza offerte promozionali; altre testate invece offrono misure diverse di sconti, soprattutto nei primi mesi o nel primo anno, oppure agli abbonati che vogliono disdire). E ancora, in Italia il 50% degli intervistati che al momento non pagano per un abbonamento alle news ha dichiarato di non essere disposto a pagare niente; il 19% potrebbe pagare un euro; il 20% fra 2 e 5 euro; il 6% potrebbe pagare fino a 10 euro.
Se si associano questi dati alla considerazione apparente che chi è abbonato a qualche giornale online tende a non pagare per più di un abbonamento, e che gli abbonati sono raccolti da poche grandi testate, si vede che il bacino potenziale è già diventato molto esiguo.
«I risultati suggeriscono che le aziende giornalistiche abbiano, in molti paesi, già raggiunto la gran parte delle persone interessate abbastanza da pagare per l’offerta corrente ai prezzi correnti, e che le quote dei pagamenti stiano ristagnando. Le offerte economiche sono state un modo per aumentare il numero di abbonati, ma non ci sono garanzie che i beneficiari continueranno a pagare nel lungo periodo. La tendenza a offrire sconti ha determinato una significativa proporzione (il 41% in media nei vari paesi) di abbonati che non pagano il prezzo intero.
Fuori da queste quote di abbonati, nella maggior parte dei mercati c’è un gruppo disposto a pagare qualcosa se il prezzo è considerato giusto, ma sono numeri molto piccoli, e forse non abbastanza attraenti per un impegno degli editori».
La conclusione di un articolo del NiemanLab sui dati in questione è che il modello degli abbonamenti offre numeri preziosi e promettenti per i progetti di news più piccoli, per i quali quei numeri sono sufficienti e che hanno ancora del potenziale, mentre potrebbero essere stati già saturati dalle grandi testate e dalle loro maggiori necessità.
IN BREVE SULL’ESTERO:
- Giocare un altro sport, in Spagna
Relevo è l’ultimo arrivato tra i media sportivi digitali spagnoli. Lanciato nel 2022, è di proprietà del gruppo editoriale Vocento. La testata ha fatto parlare di sé non solo per come utilizza i social (e cioè molto bene) ma anche per gli approfondimenti e le inchieste che pubblica. È stata proprio Relevo, nel 2023, a denunciare per prima lo scandalo di molestie sessuali di cui si è reso protagonista Luis Rubiales, allora presidente della Federcalcio spagnola.
- La stampa è straniera, in Croazia
Buona parte dei media croati non sono davvero… croati. Due canali televisivi seguitissimi nel paese balcanico come N1 e Nova sono stati comprati dalla società olandese United Group, mentre la televisione RTL è della Central European Media Enterprises (CME), un’azienda ceca. Anche il giornale 24 Sata, tra i più diffusi del paese, è di proprietà straniera: il suo editore è il conglomerato austriaco Styria Media Group.
- La fine dell’offline, in Canada
Da quando nell’autunno scorso ha chiuso Publisac, un popolare servizio di consegna porta-a-porta in Ontario e Québec, decine di giornali locali hanno deciso di cessare le proprie pubblicazioni cartacee. Publisac garantiva infatti una delivery capillare e funzionante che non sarà rimpiazzata. Molti gruppi editoriali hanno deciso di diventare digital-only, optando per pesanti misure di contenimento dei costi che hanno portato a centinaia di licenziamenti.
- Il primo centomila, in Sudafrica
News24, la testata giornalistica online più letta del Sudafrica, a gennaio 2024 ha superato il traguardo dei 100.000 abbonati digitali. È il primo giornale africano a varcare questa soglia.
- La censura delle «3 R», in Malesia
Il governo malese sta cercando di inasprire le leggi per impedire la libera circolazione delle informazioni sui social. In particolare, i contenuti soggetti a censura sono quelli che parlano di temi legati alle cosiddette «3 R»: razza, religione e royalty (la monarchia). Il governo ha richiesto la rimozione di oltre 50.000 post definiti «dannosi» a TikTok e Meta solamente nel primo trimestre di quest’anno.
- Notizie su TikTok per tutte le generazioni, in Messico e Perù
In Centro e Sudamerica crescono le voci giornalistiche indipendenti sui social. In Messico ha fatto scalpore l’ascesa di Gerardo Vera, studente 19enne, che da anni informa le nuove generazioni su TikTok e oggi ha oltre 2 milioni di follower. In Perù il caso più eclatante è quello di Fernando Llanos, navigato reporter televisivo, che dopo il licenziamento ha deciso di coltivare il proprio media brand personale sulla piattaforma spiegando le news in 90 secondi, e che oggi ha raccolto 700mila seguaci.
- L’IA conduttrice radio e tv, in Repubblica Ceca
A partire dal 2023, l’emittente radiofonica commerciale Expres FM ha iniziato a sperimentare con dei «conduttori sintetici» generati con l’intelligenza artificiale per leggere le notizie in onda, soprattutto quelle locali. A gennaio 2024, poi, anche il canale televisivo Brno 1 ha annunciato che utilizzerà avatar artificiali per condurre parte dei propri telegiornali.
- Il nonno nostalgico, in Indonesia
A febbraio il nuovo presidente indonesiano, Prabowo Subianto, ha vinto le elezioni grazie a una campagna social che ha utilizzato immagini generate dall’intelligenza artificiale. Di grande successo è stato l’utilizzo di un avatar che ritrae l’ex generale come un «gemoy», un nonno ballerino ad alto tasso di cuteness, creato per fare breccia tra le elettrici donne e i giovani. Si è trattato di un cambio radicale nella strategia per Subianto, abituato a una comunicazione improntata sull’ipermascolinità e sul nazionalismo, volto anche a «edulcorare» le accuse di violazioni dei diritti umani e della libertà di stampa a lui rivolte negli anni.
- La prossima «Spotify per le news», in Finlandia
La startup finlandese Briif seleziona ogni giorno articoli interessanti da giornali e riviste e li trasforma in audio grazie agli accordi sottoscritti con alcune testate, tra cui il Financial Times. Il suo pubblico di riferimento è giovane e prevalentemente femminile e il costo dell’abbonamento è di 11,99 euro al mese o 99,99 euro all’anno. La startup ha annunciato la prossima espansione in altri mercati europei.
- La data di scadenza dei giornali, in Irlanda
L’amministratore delegato di Mediahuis Ireland, Peter Vandermeersch, che pubblica tra le altre l’Irish Independent, ha annunciato un ambizioso piano chiamato «Digital-only 2030»: entro quella data l’azienda cesserà le versioni cartacee di molti dei propri quotidiani durante i giorni feriali, dal lunedì al venerdì. Mediahuis, che ha il proprio quartiere generale in Belgio, è l’editrice di oltre 30 testate in tutta Europa.
- La crisi dell’IVA, in Norvegia
TV 2 Direkte, la seconda televisione del paese, ha messo in azione importanti tagli al personale. L’azienda ha attribuito la decisione all’aumento dei costi di produzione dei contenuti e all’inasprimento della concorrenza, ma è probabile che sia legata anche all’introduzione dell’IVA sulle notizie video — una legge introdotta nel 2022. La misura nasceva per «punire» i servizi di streaming come Netflix, ed evitare che beneficiassero dell’esenzione dalla tassa sul valore aggiunto solitamente applicata agli articoli e alle fotografie. Come conseguenza diretta della legge, TV 2 quest’anno dovrà pagare circa 13 milioni di euro al fisco.
Report completo a questo link: RISJ_DNR_2024_Digital_v10 lr